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작성자 Hosea
댓글 0건 조회 2회 작성일 25-06-25 20:39

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Nelle nebbiose colline del Piemonte, tra i boschi ombrosi dell’Umbria e le distese verdi della Toscana, si consuma ogni anno un’antica caccia silenziosa. Protagonisti di questa ricerca sono cani dal fiuto infallibile, addestrati per individuare uno dei tesori più pregiati della terra: il tartufo. Questi animali, spesso meticci o appartenenti a razze specifiche come il Lagotto Romagnolo, non sono semplici compagni di avventura, ma veri e propri collaboratori, eredi di una tradizione che unisce natura, cultura e gastronomia.


Una Simbiosi Millenaria

Il legame tra l’uomo e il cane nella ricerca del tartufo affonda le radici nel Medioevo, anche se alcune testimonianze suggeriscono che già gli Etruschi e i Romani apprezzassero il fungo ipogeo. Inizialmente, però, non erano i cani i protagonisti della caccia, bensì i maiali, attratti dal forte aroma del tartufo, simile a quello degli ormoni sessuali dei suini. Tuttavia, la voracità di questi animali, che spesso danneggiavano le radici degli alberi o divoravano il prezioso bottino, spinse i cercatori a optare per compagni più disciplinati: i cani.

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Oggi, i "tartufai" moderni lavorano fianco a fianco con quadrupedi addestrati con metodi sempre più raffinati. «Un buon cane da tartufo deve avere passione, curiosità e un olfatto eccezionale», spiega Marco Rossi, trifolau (cercatore di tartufi) piemontese da tre generazioni. «Ma soprattutto, deve esserci sintonia. Senza fiducia reciproca, non si va da nessuna parte».


Razze e Addestramento: Arte e Scienza

Sebbene qualsiasi cane con un olfatto sviluppato possa essere addestrato, alcune razze si distinguono per predisposizione genetica. Il Lagotto Romagnolo, ad esempio, è l’unica razza canina riconosciuta ufficialmente come specializzata nella cerca dei tartufi. Originario delle zone paludose della Romagna, dove veniva utilizzato per la caccia agli uccelli acquatici, ha sviluppato un istinto naturale per scavare e fiutare. Altre razze come il Bracco Italiano, il Pointer o semplici incroci di meticci dimostrano abilità straordinarie, se guidati con pazienza.


L’addestramento inizia da cuccioli, attraverso il gioco. Si nascondono piccoli pezzi di tartufo o oggetti impregnati del suo aroma, incentivando il cane a cercarli in cambio di premi o carezze. «È fondamentale trasformare l’attività in un’esperienza positiva», sottolinea Laura Bianchi, addestratrice professionista nelle Marche. «Evitiamo coercizioni. Il cane deve associare il tartufo a qualcosa di divertente e gratificante». Con il tempo, gli esercizi diventano più complessi: si introducono terreni differenti, condizioni meteorologiche variabili e distrazioni, come odori di animali o cibo.


Un Lavoro di Squadra tra Uomo e Animale

La cerca del tartufo è un rituale che richiede conoscenza del territorio e rispetto dei cicli naturali. I tartufi crescono in simbiosi con le radici di alberi come querce, pioppi o noccioli, e la loro maturazione dipende da fattori climatici delicati. Il cane, però, è l’unico in grado di captarne la presenza anche a decine di centimetri di profondità. Quando fiuta il tartufo, inizia a scavare con delicatezza, guidato dal trifolau, che interviene per estrarre il fungo senza danneggiarlo.


«Ogni tartufo ha un profilo aromatico unico», racconta Giulia Moretti, ricercatrice in micologia all’Università di Perugia. «I composti volatili rilasciati dal tartufo variano a seconda della specie, del grado di maturazione e del terreno. I cani percepiscono queste sfumature meglio di qualsiasi strumento tecnologico». Non a caso, nonostante i tentativi di creare dispositivi elettronici in grado di rilevare i tartufi, nessuno è ancora riuscito a eguagliare l’efficacia di un naso canino.


Economia e Controversie

Il mercato dei tartufi, soprattutto delle varietà più pregiate come il Tuber Magnatum Pico (tartufo bianco d’Alba), muove milioni di euro all’anno. Un singolo esemplare di alta qualità può superare i 3.000 euro all’asta, e i cani addestrati valgono fino a 10.000 euro. Questo ha portato a fenomeni di bracconaggio e furti di cani, oltre a tensioni tra cercatori professionisti e hobbisti. «La regolamentazione è essenziale», afferma Carlo Esposito, https://terra-Ross.it/products/fresh-black-summer-truffle-tuber-aestivum-b-grade presidente dell’Associazione Nazionale Tartufai Italiani. «Serve limitare licenze, rispettare i periodi di raccolta e proteggere i boschi. Il tartufo è una risorsa rinnovabile solo se gestita con criterio».


Inoltre, i cambiamenti climatici stanno alterando gli habitat naturali dei tartufi. Siccità e temperature irregolari ne riducono la proliferazione, costringendo i tartufai a esplorare nuove zone e i cani ad adattarsi a terreni sempre più impervi. «Negli ultimi dieci anni, la produzione è calata del 30% in alcune aree», conferma Moretti. «Se non interveniamo, rischiamo di perdere non solo un prodotto, ma un intero ecosistema».


Storie di Zampe e Tartufi

Dietro ogni cane da tartufo c’è una storia. Come quella di Brio, un meticcio di sette anni salvato da un canile in Abruzzo. «Era timoroso, ma mostrava un’incredibile concentrazione», ricorda il suo proprietario, Antonio Gallo. «Oggi è uno dei migliori cercatori della regione. Ha trovato un tartufo bianco da 850 grammi, il più grande della stagione 2022». O quella di Luna, una Lagotto che lavora nelle Langhe, diventata celebrità locale dopo aver scovato un raro tartufo estivo in un’area considerata esaurita.


Ma non tutti i cani sono "nati per il tartufo". C’è chi preferisce giocare anziché lavorare, chi si distrae con le lepri, chi semplicemente non mostra interesse. «È come con gli umani», ride Rossi. «Ognuno ha la sua vocazione. L’importante è capire se il cane è felice. Se non gli piace cercare, meglio fargli fare altro».


Patrimonio Culturale da Tutelare

Nel 2021, la cerca e la cavatura del tartufo in Italia sono state inserite nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO. Un riconoscimento che celebra non solo una pratica rurale, ma un sapere tramandato oralmente per secoli. Festival come la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba o il Mercato del Tartufo Nero di Norcia attirano migliaia di appassionati, con dimostrazioni di cerca e degustazioni.


E mentre la tecnologia avanza, i trifolau guardano al futuro con pragmatismo. «I droni e i satelliti aiutano a mappare i boschi, ma il cuore del lavoro resta quel naso umido che scodinzola», conclude Gallo. «Finché ci saranno cani e tartufi, questa tradizione vivrà».


Tra sfide ambientali e modernità, il rapporto tra l’uomo e il suo fedele cercatore rimane un’alchimia perfetta, dove fiducia, rispetto e un pizzico di magia continuano a regalare al mondo prelibatezze nascoste.

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